Tra i sottostanti azionari di nicchia ad alta potenzialità vale la pena parlare del mercato indiano. Nonostante le riforme in India abbiano evidenziato un passo lento da quanto annunciate, gli investitori internazionali continuano a puntare sul colosso asiatico emergente. Guardando agli elementi societari, l’utile per azione dell’ azionario indiano è cresciuto del 4% circa nell’ultimo anno con livelli di inflazione analoghi. Ma da quando Modi ha preso il potere il mercato indiano si è comportato bene riuscendo a tenere il passo della crescita media dei mercati emergenti asiatici, anzi sovraperformandoli. Ed infatti il mercato proprio nelle ultime settimane si è riportato a contatto dei massimi storici, raggiunti nell’estate del 2018, guardando all’indice azionario MSCI India. La rupia indiana risulta inoltre stabile, ed ha tolto negli ultimi anni pochissimo valore agli investimenti espressi in euro o in dollari Usa.
Per diversi analisti tale percorso azionario è frutto dall’espansione dei multipli aziendali, con il rapporto P/e (prezzo rispetto agli utili per azione) passato da circa 15 prima dell’avvento di Modi a circa 31 a fine 2019. Nel frattempo gli utili non sono cresciuti più di tanto, come prima indicato, ma evidentemente gli investitori continuano a scommettere che sul medio termine le cose miglioreranno. L’azionario indiano si è apprezzato del 14,4% annuo negli ultimi sedici anni, rispetto al 10% annuo del MSCI Emerging Markets, ma negli ultimi 2-3 anni il vantaggio di rendimento si assottiglia. Molto interessante segnalare che la correlazione dell’azionario indiano rispetto all’azionario emergente diversificato è prossima a 0,60, confermando un legame non eccessivo con i saliscendi degli indici dei Paesi emergenti presi in aggregato. Le aspettative macroeconomiche restano positive, a favore di una ulteriore robusta crescita del Paese, e l’unico elemento di preoccupazione è nei multipli di mercato, oggettivamente un po’ elevati.
L’India dovrebbe crescere del 7% annuo anche nel 2020 secondo le stime FMI, sostenuta dai consumi interni e dalla classe media in rapida crescita, ma anche da livelli di debito sostenibili e una positiva spinta demografica. Ma tali valori si collocano in ogni caso su livelli invidiabili anche da parte del colosso cinese, che dovrebbe crescere del 6% il 2020, mentre gli Usa si fermeranno sotto il 2% e l’area euro all’1,6%. Entro il 2050 si prevede che la forza di lavoro indiana cresca dagli attuali 700 milioni scarsi fino a oltre 900 milioni, con un aumento del reddito in grado di stimolare notevolmente i consumi interni. La fotografia che si scatta evidenzia quindi un gigante che sta tentando di alzarsi, caratterizzato da aspettative negli anni passati molto elevate che non necessariamente daranno ancora soddisfazioni a chi entra ora nel mercato, per via dei prezzi delle azioni mediamente care. E in effetti la gran volata dell’S&P500 del 2019 anno è stata colta solo parzialmente.
La lista di Etf che permettono all’investitore italiano di cavalcare il tema dell’azionario indiano è sufficientemente ricca, potendo contare su cinque prodotti. Amundi MSCI India, Franklin Ftse India (Ter dello 0,19% annuo, di gran lunga il più basso come costo), Lyxor MSCI India, WisdomTree India Quality (prodotto smart beta con una profilatura rendimento-rischio più blanda rispetto ai classici indici di mercato), Xtrackers Nifty 50. Il suggerimento è in ogni caso di cautela, nonostante le potenzialità ci siano. Ma guardando agli indicatori, l’azionario indiano appare forse più adatto ad un approccio di trading più che di posizionamento di medio-lungo termine.