Le caratteristiche delle obbligazioni high yield

Una tipologia di investimenti che ha attirato notevole attenzione e masse investite negli ultimi anni è rappresentata dalle obbligazioni corporate (ovvero emesse da società e non da Stati) di tipo high yield. Con questa terminologia anglosassone ci si riferisce ai bond che presentano la caratteristica di produrre elevati rendimenti (derivanti dalla alta componente cedolare pagata al possessore del bond), a sua volta determinati da rating creditizi bassi. Vanno infatti a braccetto la rischiosità e il rendimento, come sempre accade per qualsiasi prodotto finanziario. E nel caso di emissioni obbligazionarie di aziende, il rischio più grande è che la società emittente diventi insolvente, ovvero non in grado di ripagare, per intero o parzialmente, quanto preso a prestito dagli obbligazionisti. Se gli operatori di mercato intravedono una scarsa possibilità di fallimento (default) dell’emittente, l’azienda potrà finanziarsi a tassi relativamente contenuti, e pagare cedole non troppo elevate; diversamente, se il mercato odora la possibilità che l’azienda non sia in grado di onorare a fondo gli impegni assunti, richiederà un maggior rendimento, per compensare tali rischi.

Un indicatore molto utilizzato per identificare la solvibilità delle aziende è il rating emesso, al pari dei rating governativi, da società internazionali come S&P, Moody’s, Fitch, DBRS. Il livello sotto cui un emittente è definito ad alto rendimento (o junk) è al di sotto della BBB di S&P, per scivolare verso i livelli minimi, identificati dalla lettera C, e in molto casi c’è da rilevare anche l’assenza di rating, soprattutto se la società emittente non è rinomata o sufficientemente capitalizzata. Vien da sé che i bassissimi tassi di interesse espressi negli ultimi anni dai bond governativi, sulla scia delle politiche non convenzionali adottate dalle banche centrali post crisi 2008, hanno portato gli investitori a ricercare asset class alternative, in grado di produrre rendimenti ritenuti adeguati, seppur con rischi maggiori. E i bond corporate high yield sono stati tra i maggiori beneficiari di questo trend. E’ bene comprende come sempre le caratteristiche al movimento di questa forma di investimento, e la sensitività rispetto al ciclo economico. Il grafico sotto esprime l’andamento complessivo in termini di total return (apprezzamento + cedole distribuite) degli indici rappresentativi dei corporate high yield dell’area euro e del contesto Usa, giustamente molto legati tra loro.

La linea bianca identifica il rendimento generato dai bond dell’area euro, quella arancione dai bond Usa, ma sempre valorizzati in euro. Dal 1999 ad oggi, nel primo caso il rendimento medio annuo si è attestato poco sopra il 6,6%, rispetto al 7% circa dei bond statunitensi. Nel caso di strumenti finanziari quotati ci sono però da mettere in conto costi, che riducono i rendimenti teorici degli indici sopra evidenziati. Nel caso degli Etf il sacrificio determinato dalla trasformazione dell’indice in strumento investibile è contenuto, prossimo allo 0,5% annuo, mentre nel caso dei fondi comuni tale differenza può anche portarsi verso l’1,5-2% annuo. Attenzione però che non si tratta un investimento adatto a chiunque, e soprattutto va calibrato bene l’orizzonte temporale dell’investimento. Il grafico evidenzia bene i crolli del 2008, del 2011-2015, rispettivamente nell’ordine del 50% e del 20% circa. Si tratta di deprezzamenti molto importanti, recuperati certamente negli anni seguenti ma che lasciano trasparire i connotati speculativi del sottostante, anche se di natura obbligazionaria.

Se infatti il contesto economico peggiora molto, le aziende possono fallire o andare incontro a importanti ristrutturazioni, coinvolgendo il debito emesso; in tali frangenti la società non ripaga quindi l’obbligazionista, o lo fa in parte, e si parla in tal caso di recovery rate, ovvero di quanta parte del capitale si è in grado di riavere rispetto al 100 inizialmente conferito. Per questo motivo è cruciale per un investitore appoggiarsi a prodotti diversificati, che inglobano centinaio di obbligazioni di diversi emittenti. E’ però anche vero che la globalizzazione ha portato con sé un forte incremento delle cross-correlazioni tra le diverse forme di investimento, e un collasso che va a colpire un emittente sistemico può impattare su altri strumenti emessi da diverse società, annullando parzialmente il beneficio delle diversificazione, che rimane in ogni caso un obbligo per questi strumenti. Ed infatti l’analisi delle correlazioni evidenzia che il legame più forte degli indici dei bond corporate high yield lo si ha proprio con l’asset class azionaria, più che con altri indici obbligazionari. Il seguente grafico evidenzia il confronto tra la dinamica dell’indice dei bond dell’area euro ad alto rendimento e un indice governativo dell’area euro (colore arancione), dove il secondo evidenzia giustamente un rendimento molto più basso ma anche una evidente stabilità nelle fasi di crisi dei mercati globali.

In merito alla sensitività, si fotografa una correlazione vicina a 0,50 tra i bond high yield dell’area euro e gli indici azionari, valore che scende a 0,20 circa verso i benchmark obbligazionari diversificati. In ottica di trading possono quindi risultare interessanti i sell-off azionari che saltuariamente si osservano sui mercati, per poter prendere posizione al rialzo anche sui corporate bond ad alto rendimento. E’ invece meno evidente il rischio di tasso, più importante per i bond governativi. Questo perché mediamente la duration (e la vita media residua) dei bond corporate ad alto rendimento non è elevata, nell’ordine dei 3-4 anni, mentre i bond governativi possono anche avere durate di diversi lustri, che determinano oscillazioni importanti di prezzo in caso di rialzo dei rendimenti di mercato. Attualmente il rendimento medio atteso di indici high yield dell’area euro è prossimo al 3% annuo, rispetto al 5,5% circa del contesto Usa, che parte da livelli di rendimento molto più elevati anche nell’area delle emissioni governative.

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