Gli investitori che vogliono puntare al massimo rendimento, e che parallelamente sono in grado di sopportare importanti saliscendi del valore del portafoglio di investimento, da sempre guardano al mercato azionario come approdo delle proprie scelte. Il mercato azionario, osservando le statistiche di lungo termine, offre infatti un extra-rendimento rispetto alle obbligazioni, che viene chiamato premio al rischio; si tratta dell’extra-rendimento derivante dal fatto che l’investitore in azioni è costretto a sopportare un rischio molto più elevato, e spesso un orizzonte temporale di investimento lungo, e quindi deve essere ricompensato attraverso performance più consistenti rispetto a chi investe in prodotti a più basso rischio. Questo extra-rendimento si aggira sul 5%-6% annuo, valore decisamente appetibile se si considerano i rendimenti odierni del contesto obbligazionario. Acquistare una azione, ovvero un titolo rappresentativo di una quota di una specifica società, implica investire nella crescita economica della stessa società, con tutti i vantaggi e svantaggi correlati. Le azioni non garantiscono quindi ai possessori un rendimento certo, a differenza delle grande maggioranza delle obbligazioni. L’azionista, o socio, può tipicamente usufruire del diritto di voto, partecipa alle assemblee ordinarie e straordinarie, e soprattutto gode dei diritti patrimoniali ovvero sugli utili societari e la quota di liquidazione. I cicli economici e borsistici sono però di durata pluriennale. Possono così alternarsi fasi in cui le azioni tendono a salire in modo importante, e periodi in cui i cali risultano consistenti. Il timing errato, ovvero posizionarsi su specifiche azioni o indici azionari nel momento sbagliato, può di riflesso immobilizzare l’investimento per diversi anni; ma sul lungo termine non ci sono dubbi, le azioni (soprattutto se si adotta una strategia diversificata) battono qualsiasi alternativa di investimento.
Principali categorie di azioni
Azioni ordinarie. E’ la categoria di azioni più completa, che incorpora tutti i diritti patrimoniali e amministrativi. Tipicamente la remunerazione dell’azionista avviene sotto forma di dividendo (ordinario o straordinario), oppure attraverso il rimborso del capitale.
Azioni privilegiate. Sono titoli nominativi che offrono all’azionista privilegi nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale allo scioglimento della società.
Azioni di risparmio. Peculiarità ormai quasi esclusiva del mercato italiano (ma anche qui in via di estinzione) sono azioni prive del diritto di voto ma con vantaggi in merito alla partecipazione agli utili: l’azionista di risparmio incassa un dividendo più elevato rispetto all’azionista ordinario, ma spesso i titoli di risparmio godono di una liquidità sensibilmente inferiore.
Il pagamento e l’ammontare dei dividendi sono determinati dal Consiglio di Amministrazione della società e approvati dall’assemblea ordinaria. Il dividendo è una componente molto importante in merito alla performance complessiva generata dall’investimento in azioni. Uno studio sulla dinamica del mercato azionario Usa degli ultimi 30 anni evidenzia che il 70% circa del rendimento complessivo del mercato da attribuire ai dividendi, e la parte residuale alla crescita dei prezzi. Anche nel nostro mercato azionario esistono titoli che distribuiscono stabilmente dividendi elevati (ne sono un classico esempio le azioni Eni ed Enel) ed altre azioni che preferiscono reinvestire gli utili nella società, senza distribuirli agli azionisti. Questa ultima opzioni ha solitamente a che fare con titoli ad elevato tasso di crescita, come i tecnologici.
Acquistare le azioni
Il modo più comune per investire in questo strumento è quello di acquistare azioni quotate sui mercati regolamentati (ad esempio Borsa Italiana). Le azioni vengono negoziate durante tutto l’arco della giornata borsistica, e come per le obbligazioni esiste un book, un luogo virtuale in cui vengono convogliati tutti gli ordini potenziali di acquisto e vendita delle azioni di una specifica società. Il book è dinamico, cambia in ogni istante, in base alle proposte di acquisto e vendita inseriti dai diversi operatori di mercato: investitori privati, banche, fondi, assicurazioni. Alcuni titoli sono estremamente liquidi, con il book che presenta un differenziale denaro-lettera strettissimo, altre azioni sono meno liquide anche perché meno capitalizzate. In quest’ultimo caso il costo-opportunità di puntare su un titolo poco liquido può essere molto impegnativo, anche dell’ordine del 2%-3%. Ad esempio sotto viene riportato il book di negoziazione in un determinato momento del titolo Eni, che gode di notevole liquidità.
Il prezzo di un’azione tende a deviare anche notevolmente dal valore contabile dei beni economici (materiali e immateriali) e finanziari che compongono l’azienda, in quanto l’azione sconta tutte le aspettative (positive o negative) verso gli utili della società. I mercati azionari tendono di riflesso ad anticipare potenziali eventi futuri, a partire da un miglioramento degli utili attesi e da eventuali fusioni con altre società. In linea generale, più elevati sono le prospettive economiche dell’azienda e più alto sarà il numero di investitori che vorrà avere in portafoglio quel titolo, con l’obiettivo di vedere crescere la capitalizzazione e rivenderlo successivamente ad un prezzo vantaggioso. Da quanto sopra esposto risulta chiaro che si possono acquistare le azioni con due specifiche finalità, spesso alternative tra loro. C’è chi punta ad incassare nel medio termine i dividendi attesi (il cosiddetto cassettista) e chi invece adotta una strategia più di breve termine, effettuando scelte più di breve orizzonte temporale e mirando alla differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita. Spesso accade però che un investitore avidamente orientato verso la seconda soluzione, in caso di timing errato sia costretto a diventare a sua volta cassettista, in attesa che la strategia volga a suo favore. Ma non è scontato che ciò accada, se si punta su una società il cui business è destinato a morire (vedi Parmalat e la vecchia Alitalia). Proprio per evitare questo rischio, legato alla esposizione su specifiche società che possono essere colte da eventi inattesi, si è sviluppata la strategia che punta a portafogli diversificati di azioni, attraverso gli strumenti ETF e fondi di investimento, approfonditi nella apposita sezione. La diversificazione minimizza i rischi di aver scelto la mela marcia dal cesto, e al tempo stesso mitiga i rendimenti attesi.
Gli indicatori statistici delle azioni
Per capire quali sono le caratteristiche, in termini di movimento dei prezzi, dei titoli azionari, si utilizzano una serie di indicatori standard, ovvero universalmente adottati e riconosciuti. A partire dalla volatilità, l’indicatore statistico di base che esprime la tendenza di una variabile (ad esempio una azione) a muoversi nel tempo. Essa misura sia la rischiosità di un titolo che le sue potenzialità di generare guadagni, ed è tipicamente espressa in base percentuale su base annua. Un esempio, i titoli Unicredit e Snam Rete Gas, che evidenziano oggi una volatilità annua oggi prossima al 40% e al 20%. Questo significa che Unicredit ha una tendenza a muoversi marcatamente maggiore di Snam, e quindi un rischio molto più elevato e al tempo stesso opportunità di guadagno più ampie se ci si è posizionati dalla parte giusta come direzione.
Nel grafico sotto evidenziato si riporta a titolo di esempio la volatilità del titolo Intesa-Sanpaolo, che appartenendo al compario finanziario è molto elevata, superiore al 30% annuo. Ma, come è possibile notare, l’indicatore volatilità cambia nel tempo, a seconda delle fasi di minore o maggiore nervosismo del sottostante che si sta analizzando.
Se la volatilità analizza le caratteristiche di movimento di una sola variabile alla volta, la correlazione analizza il movimento tra più variabili contemporaneamente. La correlazione in particolare da una misura (statistica) del legame tra due differenti variabili, cioè indica se tendono a muoversi nella stessa direzione o meno. Ad esempio, se l’indice FTSE-Mib si muove dell’1%, ciò potrà avere qualche effetto (positivo o negativo) sulle oscillazioni dei titoli Unicredit e Snam Rete Gas? Tipicamente si utilizza il coefficiente di correlazione lineare, che può andare da un minimo di –1 (legame inverso tra le variabili) e +1 (perfetta sincronia tra le variabili). Così si può osservare che Unicredit ha una correlazione rispetto al FTSE-Mib pari a 0,80, mentre Snam ha una correlazione con l’indice pari a 0,25. Unicredit tende quindi a muoversi quasi all’unisono rispetto all’indice di mercato, mentre Snam segue solo parzialmente la direzione del mercato (qualunque essa sia). Ne consegue che i movimenti di Unicredit sono poco legati alle oscillazioni espresse da Snam. Nel grafico sotto riportato si evidenziano invece i movimenti dei titoli Intesa-Snapaolo e Unicredit, che come si nota si muovono all’unisono. In questo caso la correlazione è molto elevata, vicino a 0,90, e dove va uno tende ad andare anche l’altro.
Il beta è invece senza dubbio l’indicatore quantitativo più interessante per l’investitore interessato ai movimenti di breve periodo delle azioni. La recente letteratura finanziaria vuole che il rischio associato ad un investimento in titoli azionari sia scomponibile in due elementi principali: una componente aleatoria legata all’andamento del mercato (l’indice cui il titolo appartiene) e una seconda derivante dal comportamento della singola azione (non imputabile alla direzione del mercato). Il beta indica la reattività dei titoli rispetto al movimento dell’intero mercato, sia al rialzo che al ribasso (indicando una sorta di Leva implicita nel titolo rispetto ai movimenti dell’indice azionario).
Se un titolo ha un beta = 2, significa che una variazione dell’1% nel mercato, si riflette in una variazione attesa prossima al 2% per il titolo (titolo aggressivo).
Se un titolo ha un beta = 0.5 tenderà, al contrario, a dimezzare i movimenti del mercato (titolo difensivo).
Se un titolo ha un beta = 0 significa che il suo movimento non è minimamente influenzato da dove va l’indice di mercato.
Se un titolo ha un beta = -0.5 significa che il suo movimento è inversamente correlato rispetto alla direzione di mercato (se il mercato sale, il titolo tenderà a scendere, e viceversa). Ma è praticamente impossibile identificare titoli azionari con beta negativo.
Sulla traccia degli precedenti esempi, potremmo così calcolare un beta di Unicredit rispetto al FTSE-Mib pari a 1.30, che per Snam scende a 0.35. Unicredit si conferma molto aggressivo, Snam un titolo adatto a difendersi. Il grafico sotto evidenziato riporta invece il procedimento per calcolare il beta di Intesa-Sanpaolo rispetto all’indice Ftse-Mib, dove si evince una correlazione pari a 0,77 e un beta di 1,33. Il titolo è giustamente considerabile aggressivo, in grado di amplificare i rendimenti di breve del mercato.
Infine l’alpha indica la parte di movimento di un titolo che non è imputabile al movimento del mercato, ma a fattori specifici del singolo titolo (si prla anche di rischio specifico). Più l’alpha è elevato più il titolo è in grado di sovraperformare il mercato a prescindere dalla direzione di quest’ultimo.
Gli indicatori fondamentali delle azioni
Oltre agli indicatori di natura statistica, gli amanti dei bilanci hanno a disposizione una serie di indicatori derivati dai libri contabili delle società quotate. Da essi i cosiddetti analisti fondamentali tentano di identificare società di valore, da privilegiare rispetto ad aziende non in grado di generare utili sostenibili nel tempo. Una serie di indicatori e multipli vengono di conseguenza utili per differenziare i titoli che dovrebbero essere in grado di dare soddisfazioni, rispetto alle aziende da cui non ci si può attendere nulla di buono. Vediamo i più utilizzati.
- Dividend yield: si ottiene rapportando il dividendo al prezzo di mercato del titolo, e si ottiene in questo modo il rendimento annuo dell’azione (dividend yield). Un’azione come ad esempio Eni (tra le più gettonate dal piccolo investitore italiano proprio per questa caratteristica) che attualmente quota circa 15 euro e stacca un dividendo annuo pari a 0,80 euro ad azione, esprime un dividend yield pari al 5,3% annuo. Tale valore viene solitamente confrontato con il livello medio di dividend yield offerto da altre società dello stesso settore, ma anche con il rendimento di obbligazioni a media scadenza (ad esempio il Btp a 10 anni). Più è alto il dividend yield, più il titolo è redditizio.
- Prezzo/utili per azione: il dividend yield non può però essere esaustivo soprattutto nel caso in cui le società decidono di non distribuire i dividendi e di reinvestire gli eventuali utili in azienda. Un altro parametro di valutazione molto utilizzato, finalizzato a capire se un titolo ad un determinato prezzo possa essere ritenuto conveniente o meno, è il rapporto tra il prezzo di mercato e l’utile per azione (P/e, dall’inglese price/earnings). Il P/e indica quanti anni devono passare per recuperare il prezzo di mercato del titolo, nell’ipotesi che l’azione sia in grado di generare un flusso costante di utili pari a quelli presi in considerazione nel momento dell’analisi. Più il P/e è basso più il titolo è a sconto, più è elevato e tanto più risulta caro.
- Prezzo/flussi di cassa e prezzo/book value: il prezzo/cash flow (ovvero prezzo/flussi di cassa) è ottenuto rapportando il prezzo di mercato di un titolo azionario ai flussi monetari della gestione aziendale. Solitamente si utilizza questo indicatore per valutare azioni di società con importanti investimenti iniziali e ammortamenti.Mentre il rapporto tra prezzo e patrimonio netto (price/book value) confronta la capitalizzazione del titolo (derivato dal prezzo di mercato) con il patrimonio netto della società; un valore inferiore all’unità segnala una potenziale sottovalutazione del prezzo dell’azione, in quanto la capitalizzazione risulterebbe inferiore al cosiddetto “valore di libro”.
La segmentazione del mercato azionario italiano
Come abbiamo detto in precedenza, la liquidità delle azioni è un elemento a cui porre attenzione. Una prima indicazione sulla liquidità che ci si può aspettare da un titolo azionario è la capitalizzazione (prezzo dell’azione per il numero di azioni circolanti), in quanto maggiore questo elemento e più risulterà agevole negoziarne importi anche elevati. Un altro modo per capire le caratteristiche di liquidità delle azioni che si intendono acquistare è valutare su quale Mercato o Segmento di Borsa Italiana il titolo viene negoziato, ma anche a quale Indice appartiene. In sintesi, il mercato MTA si rivolge principalmente alle imprese di media e grande capitalizzazione, che intendono attrarre risorse per finanziarie un progetto di crescita (in alternativa al debito). Di conseguenza le azioni evidenziano un elevato grado di liquidità. Il segmento STAR (all’interno del Mercato MTA) è invece dedicato alle medie imprese, e gode quindi di inferiore liquidità. Infine viene il mercato AIM Italia, dedicato alle piccole (e medie) imprese italiane ad alto potenziale di crescita. Ma anche l’appartenenza a un particolare Indice può essere garanzia di una sufficiente liquidità, anche se l’analisi del book di negoziazione resta lo strumento privilegiato.
INDICI DI BORSA ITALIANA
- FTSE MIB – Misura la performance dei primi 40 titoli italiani per dimensione e liquidità.
- FTSE Italia Mid Cap – Rappresenta i 60 titoli delle società con maggior capitalizzazione, escludendo i componenti del FTSE MIB.
- FTSE Italia Small Cap – È composto dalle altre azioni, al di fuori dell’indice FTSE MIB e del FTSE Italia Mid Cap, che rispettano requisiti minimi di liquidità e flottante.
- FTSE Italia All-Share – Rappresenta i titoli delle società appartenenti agli indici FTSE MIB, FTSE Italia Mid Cap ed FTSE Italia Small Cap.
- FTSE Italia Micro Cap – Tutte le azioni non rappresentate dall’Indice FTSE Italia All-Share per carenza di liquidità.
- FTSE Italia STAR – Rappresenta le società appartenenti al segmento STAR.
- Indici settoriali – Le società sono comprese anche in indici settoriali, a seconda della loro attività.
Le tipologie di ordini
Essendo il mercato azionario molto dinamico nei suoi movimenti, coloro che intendono sfruttare movimenti di breve orizzonte temporale devono conoscere con attenzione i tecnicismi legati all’inserimento nel book degli ordini di acquisto e vendita. In breve, i principali ordini a disposizione di chi intende negoziare azioni (ma non solo) sono:
Ordini a mercato: viene eseguito l’ordine al miglior prezzo di mercato, e se non c’è abbastanza liquidità l’ordine può quindi risultare parziale.
Ordini limite: inserisco un prezzo minimo o massimo a cui deve essere eseguito (protezione). Ho quindi la certezza del prezzo, ma non dell’esecuzione ne totale ne parziale.
Ordini condizionati: compaiono sul book solo se si verificano determinate condizioni (rotture di livelli ritenuti significativi).
Ordini stop: si utilizzano quando si vuole uscire da una posizione in perdita, nel momento in cui i prezzi violano un livello di sicurezza (definito Stop loss).