Una delle tendenze più evidenti in termini di mercati finanziari è inerente alla sostenibilità. Che fa rima quasi sempre con l’impegno a controllare il cambiamento climatico associato alle emissioni di gas serra. L’acronimo ESG ha infatti a che fare con 3 elementi, dove il primo (Environment) interessa proprio la difesa dell’ambiente e la svolta verso un mondo più green. Molti sono stati gli incontri tra i giganti della Terra nell’ultimo trentennio finalizzati a trovare una strada comune da percorrere in tal senso. A partire dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992, conosciuta anche come Accordi di Rio. Che iniziava a porre obiettivi in termini di riduzione delle emissioni di gas serra.
Più importanti e recenti il Protocollo di Kyoto, del 1997, dove diverse nazioni si sono accordate a favore di riduzioni vincolanti delle emissioni di gas serra; il target era in media di una riduzione del 7% di emissioni rispetto ai livelli del 1990 entro il 2012. Mentre l’Accordo di Parigi del dicembre 2015 si è posto l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media terrestre sotto 1,5°C, in quanto il raggiungimento di tale target permetterebbe di ridurre notevolmente le conseguenze dei cambiamenti climatici. L’accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016, in seguito alla ratifica da parte di almeno 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra; tutti i paesi dell’UE hanno ratificato tale accordo.
Tra le principali conseguenze dei cambiamenti climatici si segnalano lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani, con impatti su molti fronti. Ad esempio, l’innalzamento dei livelli dei mari e degli oceani impatterà su una buona parte della popolazione mondiale, che vive a ridosso delle coste: saranno necessari processi consistenti di adattamento sia in termini pubblici che privati, per via della maggiore erosione del terreno costiero e contaminazione di corsi d’acqua. Mentre tra le principali cause di tali problematiche spicca l’utilizzo dei combustibili fossili, che si tenta di minimizzare anche attraverso scelte da parte delle aziende. A livello normativo una recente evoluzione risiede nella SFDR (Sustainable finance disclosure regulation), che impone una maggiore trasparenza degli operatori finanziari in merito alle scelte di portafoglio coerenti con il tema della sostenibilità. I prodotti finanziari dovranno quindi essere chiari in merito a quanti elementi di sostenibilità soddisfano o non soddisfano, e di conseguenza gli investitori finali ne saranno al corrente.
Per quanto riguarda il mondo degli strumenti passivi e indicizzati, i fornitori degli indici adottano filtri per classificare e scremare le aziende che risultano meglio posizionate in tal senso. Non esistono però ad oggi criteri oggettivi di identificazione e selezione, e le regole adottate sono le più svariate. Alcuni fornitori di indici ad esempio decidono di escludere a priori alcune tipologie di aziende operanti in certi settori; altri invece lavorano più di fino analizzando quali società si stanno sforzando di diventare più green, senza necessariamente escluderle a priori. Coloro che utilizzano gli Etf hanno a disposizione una fitta schiera (oltre dieci su Borsa Italiana) di prodotti che permettono di cavalcare tale tematica, ed anche in termini di fondi di investimento l’industria sta sfornando in continuazione soluzioni idonee. Al di la di momentanei periodi di sottoperformance, in particolare quando i titoli legati al petrolio volano, la tematica rimane più che mai valida e robusta, aiutata anche dalla svolta normativa e dagli accordi internazionali.